A mistery of art history: Robyan investigates…

Today, I want to tell you what might be a mystery of art history and that at least it will remain unsolved until the owner of that painting will be ready to contact an expert.
Chatting with her I offered any help with my blog, and here I am, telling you her story, hoping some experts social friends of mine and also the Robyan blog followers can give us a hand.

Everything started when Grazia Marino de Robertis (this is the name of the protagonist) meets a friend (she doesn’t mention the name because of privacy) that was photographed near to a painting.

She was probably to an Antiquaria fair.

When Grazia sees the photo she has an heartbeat: two of her ancestors … obviously she contact her friend immediately and she, kindly gives her more details.
So Grazia goes to her house and after a few days she shows her painting.

If you look they resemble and even a lot!
Probably not the same hand …
Maybe a trainee student …
But who’s the art workshop?

And this is the amazing thing …
The cartouche says Annibale Carracci: the painting  is oil on paper applied on cardboard, while the painting of Grazia is on canvas …
Grazia said that one of them should be the parent of her genealogical branch who served at Cardinal Alberoni, an intriguing prelate bound to the Farnese …

Unfortunately, she doesn’t have much news about it, but in my opinion it is a real mystery to discover, what do you think?

Art Beat puntata n°7: Robyan parla di Arte Salerno 2017

Ecco finalmente il mio report su Arte Salerno 2017, una kermesse d’ arte contemporanea durata una settimana dal 4 all’ 11 giugno , giunta alla seconda edizione.

Questo grande evento artistico è stato organizzato da Artetra un’associazione che si occupa di arte contemporanea in Italia e all’estero insieme alla Prince Art Gallery del gallerista Armando Principe e Opera 74 il primo sito di E-Commerce d’arte contemporanea italiano: un concorso internazionale a cui ho avuto il piacere e l’onore di partecipare.

Il Direttore artistico Vittorio Sgarbi insieme al presidente della giuria il conte Daniele Radini Tedeschi con la presidente di Artetra Veronica Miccoli e il Gallerista Armando Prencipe hanno realizzato un evento eccezionale con un’imponente organizzazione, efficentissima e puntuale.

Trecento artisti e più di settecento opere esposte in tre suggestive locations : La stazione marittima opera di Zaha Adid, Palazzo Fruscione e il complesso Monumentale di Santa Sofia.

Per questo evento ho portato un trittico di pittura digitale dal titolo “Sign O’Times”

 

Sign O’ Times nasce parafrasando il famoso pezzo di Prince che fu pubblicato nel 1987, il cui testo parla del “Segno dei tempi” ovvero la violenza delle periferie degradate delle città americane, questo brano mi ha fatto pensare al contrasto con gli anni ’60, momento d’oro del boom economico, della sperimentazione in tutti i settori quali scienza, tecnologia, arte, musica, cinema, letteratura, moda: la società stava cambiando, c’era fiducia nel progresso e nascevano le prime subculture giovanili.

Mi sono dunque immaginata un trittico in stile “Optical” bianco e nero declinato geometricamente per creare un effetto appunto “ottico” e psichedelico.

Da Mary Quant che ha inventato la minigonna alla Pop Art di Wharol, la parabola ascendente dei sixites è in contrasto con il testo della canzone di Prince, che ne descrive invece il declino trent’tanni dopo.

Un trentennio dal’60 al ‘90 che ha segnato i tempi.

Contestualmente all’evento principale si sono svolti altri due eventi, la personale di Marisa Laurito che oltre ad essere una bravissima attrice brillante è anche una pittrice quotata e Ludmilla Radchenko modella e soubrette con la sua mostra pittorica e collezione di foulards dallo stile pop.

La giuria composta da galleristi, antiquari professori e curatori di fama internazionale ha selezionato una decina di artisti che hanno vinto premi importantissimi per la loro carriera: io non ho vinto ma il mio lavoro è stato acquistato da un collezionista e ne sono veramente felice.

Questo evento artistico ha dato lustro alla città di Salerno che negli ultimi anni sta vivendo un periodo d’oro, una città rinata che punta sulla cultura e sul turismo, gentilezza e cura per il cliente sono al primo posto, una rete solidale che sta dimostrando come con la cultura si può fare economia, specialmente in Italia un paese che ha un patrimonio culturale unico al mondo: l’arte, la cultura, i beni culturali e il turismo oltre all’enogastronomia sono il nostro petrolio. Arte Salerno ha dimostrato che “con la cultura si mangia” e si crea economia, personalmente ritengo che  questo evento sia una rivincita per il Sud e  che, a detta dello stesso Vittorio Sgarbi, potrebbe fare da volano per la nascita di una “Biennale del Sud” che faccia da contraltare alla “Biennale di Venezia”.

Contenta di questa esperienza, sono fiduciosa e spero che anche le amministrazioni di altre città italiane decidano  di raccogliere la sfida che ha raccolto  Salerno, puntando sulla cultura e il turismo culturale.

 

 

 

Art Beat episode 5: Robyan talk about Sandro Taurisani

Today I went to find a very original and eclectic artist and architect : Sandro Taurisani.

His large and luminous studio immediately welcomed me with a series of very interesting works that in some ways reminded me Escher, so after the conveniences I immediately started with the questions and I asked him how he started: Sandro told me that since a teenager he was impressed by the reading of  “The Garzanti Book of Art Education” wroted by Gavino Polo and Paolo Casadei.

From that moment he began to sketch drawings to fix inspiration and moments. of his life.

 

Crossing different stages of his artistic growth, Sandro has always set just one target: to find the substance without paying too much attention to form, he says:

“You do not have to think of the beautiful or what people may like , even if objectively the image that your instinct tells you is horrible, bad or strange, you have to follow it and get it out, this is also the advice it does to guys who want to take on the artist’s career.

He said to forget the academies that often break the wings of creativity to free their own fantasy following the inspiration of the moment.

A very important figure that led him to art is his dad, perhaps because of his friendship with the painter Enrico Pazienza, Andrea’s father.

Sandro remembers with nostalgia and affection those afternoons at home with his brothers drawing and then simulating an exhibition, hanging the finished works on the wall.

Artist but also architect and designer, Sandro has shown me some furniture made with raw ground (not clay) treated with a process that allows the creation of objects:
“A deep passion for the earth leads us to reflect on the primordial essence of this matter” (Sandro Taurisani and Carlo Pazienza)

Everything is born from the earth (Mother Earth), everything goes back to the earth.
He likes to draw a lot more than writing, through images he can express what he feel insiede more than written words, he also consider himself as an architect very closely linked to nature and close to what is custom – made.

This has  caused  many problems to Sandro  since at university, because his ideas contrast the current taste of great architects, who realize monumental and futuristic works with the same style in every part of the world, without considering what the ancient Romans called the “genius loci”, the spirit of the land.

You can not build the same thing in Paris and in a small village in China: every place has its character and its peculiarity.

A bit like some contemporary art also architecture has moved away from humanity to celebrate himself, in a sort of cold self-referentialism.

Finally i asked him about next projects: he told me that he is struggling to exhibit for sure in northern Italy in autumn and planning a return to Berlin (where he already did a solo exhibition).
Sandro also mentioned some lack of bravery in Italian gallerists and curators who prefer to invest in famous artists rather than take the risk launching emerging artists, something that does not happen in the others countries where they are much more careful and enterprising.
Needless to say  I totally agree with him.

 

 

Art Beat puntata n°5: Robyan intervista Sandro Taurisani

Oggi sono andata a trovare un artista e architetto sanseverese molto originale ed eclettico: Sandro Taurisani.

Il suo studio ampio e luminoso, mi ha accolto subito con una serie di suoi lavori molto interessanti e che per certi versi mi ricordano Escher, dopo i convenevoli sono subito partita con le domande e gli ho chiesto come avesse cominciato: Sandro mi ha detto di essere stato folgorato da adolescente verso gli undici/dodici anni da “Il libro Garzanti dell’educazione artistica” di Gavino Polo e Paolo Casadei.

Da quel momento ha cominciato a schizzare disegni per fissare ispirazione e momenti.

Attraversando fasi diverse della sua crescita artistica Sandro si è sempre prefissato un unico obiettivo: andare alla sostanza senza badare troppo alla forma, dice:

“non si deve pensare al bello o a ciò che può piacere agli altri, anche se oggettivamente l’immagine che il tuo istinto ti comunica è orrida, brutta o negativa, devi seguirla e farla uscir fuori, questo è anche il consiglio che do’ ai ragazzi che vogliono intraprendere la carriera d’artista.

Dimenticare gli accademismi che spesso tarpano le ali della creatività e liberare la propria fantasia seguendo l’ispirazione del momento.”

Una figura fondamentale che lo ha guidato verso l’arte è senz’atro il papà forse anche per via della sua amicizia con Enrico Pazienza, padre di Andrea.

Sandro ricorda con nostalgia e affetto quei pomeriggi a casa  con i fratelli a disegnare e poi simulare una mostra, attaccando i lavori finiti al muro.

Un background che lo ha formato artisticamente ed umanamente, insegnandogli anche a non affezionarsi troppo ai propri disegni, tanto che per un periodo ha cominciato a regalarli ad amici e parenti per amore di condivisione, salvo interrompere questo flusso per ritrovare un suo storico e conservare la memoria del suo percorso artistico nelle varie fasi.

Artista ma anche architetto e ora designer, Sandro mi ha mostrato alcuni elementi d’arredo creati con la terra cruda, non argilla ma proprio la terra cruda trattata con un preciso procedimento che consente la creazione di oggetti, mi ha dunque mostrato una memories box (una scatola dove contenere oggetti della memoria) e un porta fotografie, insomma non solo arte per l’arte, ma arte applicata: un concept contemporaneo legato agli oggetti con un riferimento alla terra(il materiale usato) e alle origini dell’uomo.

“Una profonda passione per la terra ci porta a riflettere sull’essenza primordiale di questa materia.” (Sandro Taurisani e Carlo Pazienza)

Tutto nasce dalla terra (terra madre), tutto torna alla terra.

Ama molto di più disegnare che scrivere, attraverso le immagini riesce ad esprimere ciò che a parole non potrebbe, si ritiene inoltre un architetto molto legato alla natura e vicino a ciò che è a misura d’ uomo.

Questo ha creato non poche difficoltà a Sandro già ai tempi dell’università, perché le sue idee contrastano il gusto corrente dei grandi architetti come Zaha Adid, che realizzano opere grandiose e avveniristiche con lo stesso stile in ogni parte del mondo, senza considerare quello che gli antichi romani chiamavano il “genius loci” ovvero lo spirito del luogo.

Non si può costruire la stessa cosa a Parigi e in piccolo villaggio in Cina: ogni luogo ha il suo carattere e la sua peculiarità.

Un po’ come certa arte contemporanea anche l’architettura si è allontanata dall’uomo per celebrare se stessa, in una sorta di autoreferenzialismo freddo e fine a se stesso.

Per finire gli ho chiesto dei progetti che ha in cantiere e mi ha detto che a fatica sta riprendendo a fare mostre: di sicuro un paio ne farà in autunno nel nord’ Italia e sta programmando un ritorno a Berlino (dove ha già all’attivo una personale), che trova molto viva e dove l’arte non è ghettizzata come avviene da noi.

Sandro ha anche menzionato una certa mancanza di coraggio dei galleristi e curatori italiani che preferiscono investire su artisti già di fama, piuttosto che rischiare, lanciando artisti emergenti, cosa che non accade all’estero dove invece sono molto più attenti e intraprendenti.

Inutile dire che completamente sono d’accordo con lui.

 

 

Art Beat n°4: Robyan parla di Seripop

Oggi vi parlo di una coppia di artisti che fino a poco tempo fa lavorava sotto il nome d’arte di Seripop: nell’agosto 2010 a Vienna presso la Kunst Halle nel Museumsquartier a Karlsplatz ho avuto la fortuna di vedere una mostra dal titolo “Basquiat bis Seripop” (Da Basquiat a Seripop) che si svolgeva contestualmente ad un’altra mostra su Keith Haring. Il Museumquartier è una specie di villaggio artistico dove si concentrano gallerie d’arte contemporanea e musei, tra un padiglione e l’altro vi sono bar e ristoranti oltre a una zona relax con panchine originali dove è possiblie sostare sdraiati e ascoltare musica o leggere un libro.

Chloë Lum e Yannick Desranleau alias Seripop sono due artisti visivi multidisciplinari che vivono e lavorano a Montreal. Il loro studio si concentra sulla durata dei materiali: come le sollecitazioni subite causino sbiadimento, affondamento, sbucciatura, sgretolamento o schiacciamento e come queste reazioni possano essere fermate per ridare loro nuova vita.

Il duo oltre a lavorare in coppia è interessato a collaborare anche con gli altri artisti e con i materiali che utilizzano, sia come soggetto che per interesse di ricerca. Questi interessi in collaborazione e materialità si realizzano tramite installazioni, scultura, fotografia, danza, stampa e video in cui i materiali vengono osservati e seguiti nel loro processo di decadimento, per essere riutilizzati e riattivati usando ciò che resta del loro vecchio utilizzo.

Chloë eYannick hanno all’attivo tante mostre e di recente hanno esposto al Confederation Center di Charlottetown e al Center for Book and Paper Arts presso il Columbia College di Chicago dove sono diventati membri della band AIDS Wolf che fa rock d’avanguardia.

Artisti molto giovani ed eclettici che spaziano dalle arti visive alla musica, talento e creatività unite a voglia di condividere e collaborare con altri, cosa che non accade di frequente nel mondo dell’arte a certi livelli.

Quando ho vistato questa mostra, oltre a Seripop e Basquiat ho avuto modo di poter vedere anche tanti altri artisti tra i quali Banksy e Mark Jenkins: mi ha colpito molto quanto rispetto e amore per l’arte hanno a Vienna e come, specie l’arte contemporanea, viene valorizzata e promossa, non solo nel Museum Quartier a Karlsplatz ma in tutta la città: un esempio da imitare, specie in Italia dove abbiamo tanta arte antica, moderna e contemporanea.

 

Art Beat n°4: Robyan talk about Seripop

Today I am talking about a couple of artists who until recently worked under the name of Art Seripop’s: in August 2010 in Vienna at the Kunst Halle in the Museumsquartier in Karlsplatz I was very lucky to see an exhibition titled “Basquiat Bis Seripop “(From Basquiat to Seripop), which was held at another exhibition on Keith Haring. The Museumquartier is a kind of artistic village where contemporary art galleries and museums are concentrated, between pavilions  there are bars and restaurants as well as a relaxation area with original benches where you can lie down and listen to music or read a book.

Chloë Lum and Yannick Desranleau are multidisciplinary visual artists based in Montreal. Their work focuses on the lifespan of material; how material stresses cause fading, scuffing, peeling, crumpling or crushing, and, how these reactions can be said to animate the materials. The duo is equally interested in collaboration, with each other, other artists, and their materials, as both subject matter and research interest. These interests in collaboration and materiality inform their practice in installation, sculpture, photography, dance, print and video wherein objects perform via their decay; to be re-used and re-deployed wearing the traces of past use.

They have exhibited widely, recently at The Confederation Center for The Arts Gallery in Charlottetown, P.E.I, and The Center for Book and Paper Arts at Columbia College in Chicago. They where founding members of the avant-rock band AIDS Wolf, and until recently, collaborated under the name Seripop. Yannick Desranleau holds an MFA in sculpture from Concordia University, while Chloë Lum is currently an MFA candidate at York University. Their work is collected by the Victoria and Albert Museum and by the Montreal Museum of Fine Art.

Art Beat n°3: Robyan parla di Joshua Allen Harris e Maurizio Cattelan

 

Joshua Allen Harris: mette Un sacchetto sulle grate della Metropolitana e crea la sua arte.

A prima vista sembra un semplice sacchetto della spazzatura poggiato sulla grata del sottopassaggio pedonale della metro di New York invece si tratta dell’idea geniale di uno street artist: Joshua Allen Harris.

Joshua è nato a Pittsburgh in Pennsylvania, dove ha studiato grafica e illustrazione.
Si trasferisce a New York nel 2004 per frequentare la Scuola di Arti Visive dove consegue la laurea in Belle Arti.
Nel 2006 lancia il progetto Air Bear che ben presto lo rende famoso in tutto il mondo.

Si tratta di sculture cinetiche fatte con buste della spazzatura che l’artista modella a forma di animale, le quali poste sulle grate delle metropolitane o delle strade, si gonfiano e si sgonfiano al passaggio dell’aria, trasformandosi magicamente in orso (Air Bear), scimmia, giraffa e persino mostro di Loch Ness.

Joshua per realizzare le sue particolari opere d’arte, usa due elementi: l’aria che esce fuori dalle grate della metropolitana e i sacchetti di plastica. L’aria entra dentro le buste inerti dando loro vita e movimento, la sua tecnica chiamata “Balloon Animal.” Deriva proprio dal fatto che le buste si gonfiano proprio come palloni.

L’Air Bear Project è servito anche a promuovere una campagna di carattere sociale e ambientale  promossa dall’Environmental Defense Fund destinata alla protezione dell’orso polare.

Joshua attualmente lavora come consulente creativo per importanti aziende creando campagne pubblicitarie, cataloghi e vetrine.
Nel 2012 inizia a esplorare la fotografia. Da quel momento decide di perseguire entrambe le strade; comunicazione e fotografia, sia per progetti commerciali che personali.
Vive tutt’ora a New York nel quartiere di Brooklyn con sua moglie Cameron.

 

 Maurizio Cattelan: Be Right Back (Torno subito)

Regia di Maura Astelroad per la Nexo Digital in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema.

 

Maurizio Cattelan (Padova, 1960) è un artista che divide, da sempre: c’è chi pensa sia un genio, chi lo considera un bluff, chi addirittura si indigna per il suo successo, descrivendolo come un personaggio dannoso per l’arte italiana e mondiale.

Ma Cattelan ha sempre giocato abilmente con queste contraddizioni, lavorando al confine tra la genialità e il colpo di fortuna, atteggiandosi ad artista del fallimento, alternando leggerezza e tragedia come solo Andy Warhol prima di lui era riuscito a fare.


Maurizio Cattelan: Be Right Back, il lungometraggio diretto da Maura Axelrod, cerca di raccontare l’artista padovano intervistando curatori, collezionisti, protagonisti del mondo dell’arte ed ex-fidanzate.

Il docu-film, dopo l’anteprima al Tribeca Film Festival, sarà nelle sale italiane il 30 e il 31 maggio nell’ambito della stagione della Grande Arte al Cinema, distribuito da Nexo Digital in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema.

Art Beat n° 3: Robyan talk about Joshua Allen Harris and Maurizio Cattelan

Joshua Allen Harris: puts a bag on the underground lattice and creates his art.

At first glance it looks like a simple garbage bag resting on the lattice of the New York subway, instead it is the brilliant idea by the street artist Joshua Allen Harris.


Joshua was born in Pittsburgh, Pennsylvania, where he studied graphics and illustration.
He moved to New York in 2004 to attend the School of Visual Arts where he graduated in Fine Arts.
In 2006, he launched the Air Bear project, which soon became famous all over the world.


These are a cinematic sculptures made with garbage bags that the artist models like animals, placed on the grids of the subway, that inflate and deflate by the air passage, turning magically into a bear (Air Bear) ,monkey, giraffe, and even monster of Loch Ness.
Joshua, to create his particular artworks, uses two elements: the air coming out of the underground grates and the plastic bags. The air enters the inert envelopes by giving them life and movement, its technique is called “Balloon Animal.” because that envelopes swell just like balloons.
The Air Bear Project also was used to promote a social and environmental campaign promoted by the Environmental Protection Fund for polar bear protection.

Joshua currently works as a creative consultant for major companies, creating advertising campaigns, catalogs, and showcases.
In 2012 he began to explore photography. From that moment he decides to pursue both ways: communication and photography, for commercial and personal projects.
He still lives in Brooklyn, with his wife Cameron.

Maurizio Cattelan: Be Right Back 
Directed by Maura Astelroad for Nexo Digital in collaboration with Feltrinelli Real Cinema.

Maurizio Cattelan (Padua, 1960) is an artist who has always divided: someone thinks he is a genius and someone considers him a bluff, even there is also who is indignant of his success, describing him as a bad character for Italian and worldwide art.
But Cattelan has always skillfully played with these contradictions, working on the brink of genius and fortune-telling, attending to the artist of the bankruptcy, alternating lightness and tragedy as only Andy Warhol before he had succeeded.

Maurizio Cattelan: Be Right Back, the feature film directed by Maura Axelrod, tries to tell this Padua artist interviewing curators, collectors, protagonists of the art world and ex-girlfriends.


After a preview at the Tribeca Film Festival, the docu-film will be in Italian halls on the 30th and 31st of may during the Grande Arte al Cinema season, distributed by Nexo Digital in collaboration with Feltrinelli Real Cinema.

ART BEAT puntata n° 2 – Robyan parla di Nicoletta Ceccoli

Per il secondo appuntamento con ART BEAT nuova versione in video ho voluto parlare di un’illustratrice per l’infanzia davvero molto interessante: Nicoletta Ceccoli.

Nata nel 1973 nella Repubblica di San Marino, dove vive e lavora, Nicoletta Ceccoli si diploma presso l’Istituto Statale d’Arte di Urbino, nella sezione di cinema d’animazione. Si dedica però quasi subito all’illustrazione di libri per l’infanzia, diventando famosissima quando sposta il soggetto delle sue illustrazioni, rappresentando enigmatiche bambine dai lineamenti eterei, con una tecnica pittorica estremamente delicata e minuziosa: da quel momento diventa un’artista amata in tutto il mondo.

Ha pubblicato più di venti opere per le maggiori case editrici italiane (Mondadori, Fabbri, Arka, Fatatrac, San Paolo) e per alcune straniere, in Inghilterra, a Taiwan e in Svizzera. I suoi libri sono stati tradotti in Francia, Corea, Messico, Spagna e negli Stati Uniti.

Nel 2001 le è stato conferito il premio Andersen-Baia delle Favole, quale migliore illustratore dell’anno, mentre nel 2002 le sue illustrazioni per il Pinocchio edito dalla Mondadori hanno ricevuto l'”Award of excellence” da Communication Art (USA). Ha partecipato a numerose mostre, in Italia e all’estero (Osaka, Tokio e Bratislava). Per la Repubblica di San Marino ha realizzato tre serie di francobolli dedicati ai diritti dell’infanzia, al Natale e al circo. La serie dedicata al Natale ha ricevuto il premio Cavallino d’oro Bolaffi, all’autore del miglior bozzetto originale del 2001.

Le dolci creature di Nicoletta Ceccoli, sono apparentemente fragili e delicate ma  nascondono una seconda lettura che le fa essere gelide e terrificanti, dolci e inquietanti al tempo stesso. Domatrici, sirene, altere padrone di casa, donne insetto, amazzoni armate di cappa e spada, le bambine di Nicoletta sono figure eteree e spaventose di un paese dei balocchi in cui le luci dell’alba hanno ben presto svelato l’inganno. Un mondo dove realismo e surrealismo si mescolano in una sorta di mondo incantato e terribile dove si muovono le bamboline di Nicoletta tutt’altro che indifese e innocenti.

ART BEAT puntata n°1 e l’artista della settimana Liam Kelly

Ciao a tutti come sapete la mia trasmissione Art Beat ha cambiato forma e medium, non più radio ma video e social da facebook e dal blog vi parlerò ogni settimana di un artista.

Questa settimana vi racconto di Liam Kelly uno scultore irlandese molto talentuoso.

Nato ad Achill, un’isola nella contea di Mayo nell’Irlanda del sud, dopo tanti anni vissuti in Inghilterra ora vive e lavora di nuovo nella sua terra natìa. Giovanissimo consegue un Diploma in hotel e catering management ed emigra in Inghilterra dove gestisce ristoranti, bar e locali notturni per molti anni. Tornato nella sua isola nativa Achill a fine anni novanta scopre il bogwood, un tipo particolare di legno fossile che usa come mezzo per esprimere la sua creatività e da cui comincia la sua carriere di scultore.

Ho conosciuto Liam 4 anni fa durante il vernissage di una mostra collettiva a Bray chiamata “Memories” curata dalla Signal Art Center in collaborazione con Tony Clarke e me. Da quel momento siamo diventati amici e insieme abbiamo collaborato e partecipato a tante collettive in Irlanda e in Italia.
Liam è uno scultore davvero interessante perché originale è il processo creativo che lui stesso ci spiega in questa piccola intervista che gli ho fatto tramite mail.

Osservando la forma e il movimento che egli dà alle sue sculture, che raccontano la storia della sua terra a cui è molto legato si capisce chi è Liam Kelly e cosa significa per lui scolpire e fare arte.

Cinque domande cruciali alle quali mi ha risposto così:

Q.1. Come procedi nell’elaborare le tue sculture?
IL Bogwood si trova principalmente quando si taglia l’erba e si drena il terreno. Nelle paludi in cui viene estratta la torba, i tronchi emergono e vengono trasportati dalla torba con gli escavatori meccanici fino al bordo della palude: questo è il legno che poi raccolgo e qualche volta scavo. Prendo quindi questo legno e lo porto al mio laboratorio dove lo deposito in una parte del capannone che è aperta a essiccare, questo processo può richiedere un lungo periodo di tempo che dipende dalle dimensioni del legno . Quando è asciutto prendo un pezzo e passo il tempo a guardarlo da diverse angolazioni. Non comincio mai a pensare di creare un uccello, un animale o qualcosa in particolare, poiché il legno mi dà il risultato finale: La scultura. Il tronco con la sua forma mi suggerisce l’immagine da realizzare e per la quale scolpire..

Quindi procedo lavorando il legno utilizzando prevalentemente scalpelli per poi rifinirlo con carta di sabbia molto fine. Ogni pezzo è poi lucidato con cera d’api chiara che mette in evidenza il colore naturale del legno. Ogni scultura ha la sua personalità. Cerco di catturare una bellezza diversa dalle nozioni popolari e standard. La maggior parte delle mie sculture inoltre, sono influenzate dalla mitologia e dalla storia irlandesi.


Q.2.Perchè il bogwood e non altro tipo di legno o pietra?
Il bogwood e le boglands (paludi) mi hanno affascinato fin da giovanissimo, soprattutto a causa della loro antica origine, datata circa 9.000 anni.

Il bogwood che invece uso al momento è ora carbon fossile e ha 4.000 anni. Le paludi conservano strato su strato millenni di storia. I vari artefatti scoperti nel tempo sono indicativi di chi e cosa è il popolo irlandese.

Molte leggende folkloristiche circondano le paludi di Achill e riguardano specialmente le ore della notte.

Si diceva (e forse ancora è così) che quando la nebbia avvolgeva la palude e la fiamma blu (colore generato dall’elettricità statica) ballava sulla superficie al crepuscolo, quello fosse un segno sicuro che “la piccola” gente stava preparando la cena. Sin dai tempi pià antichi si diceva che la possente maestosa quercia possedesse poteri mistici e rappresentasse la verità, la conoscenza e la forza. Per alcuni era la porta d’accesso ad un altro mondo, mentre altri credevano che tenesse il male lontano.

I suoi rami sono lunghi e le sua radici ancora di più.

Q.3.Cosa è l’Arte per te?
L’arte per me assume molti significati e facce: 1. L’arte è un modo è per unire la gente ed è condivisione di sentimenti, strumento indispensabile per la vita e il progresso verso il benessere degli individui e della comunità. 2. L’arte riempie uno spazio inel modo più bello. 3.L’arte porta la quiete dopo il caos. 4. L’arte è una medicina che crea una bella abitudine, una bella dipendenza. 5. L’arte ci permette di ritrovarci e di perderci allo stesso tempo. 6. L’arte è il modo più intenso d’esprimere l’individuo che il mondo abbia mai conosciuto.

Q. 4. Cosa suggeriresti ai giovani che vogliono diventare Scultori?
Vorrei consigliare di andare in Accademia e conseguire una laurea in Belle Arti. Quindi di lavorare tantissimo fino a sviluppare il proprio stile e trovare la propria tecnica. Non perdere mai individualità, non copiare, ma lasciarsi influenzare. Rompere le regole di quello che si pensa che le regole della scultura siano. Mai smettere di imparare e prendere tutti i consigli che vengono dati gratuitamente. Sono un autodidatta e non credo che avrei mai potuto raggiungere nulla se non rompendo le regole almeno una volta al giorno.

Ho appena aperto una nuova galleria e mi concentrerò principalmente su questa per i prossimi mesi. Sto inoltre elaborando un progetto per la Irish Art Society e molti lavori commissionati da realizzare.

La cosa che pià mi ha colpito della poetica di Liam Kelly è il suo amore per le sue origini e la sua terra.

Sono fermamente convinta che solo se si amano le propire tradizioni e la propria cultura si può comprendere e rispettare le altre diverse dalle nostre. Chi rispetta e conserva la propria identità può a sua volta ricevere rispetto e condivisione. L’unione pacifica e virtuosa dei popoli può esistere solo se si rispettiano e comprendono  reciprocamente.

 

Liam otre ad essere un bravo e originale scultore sa anche organizzare molto bene eventi e spettacoli in virtù della sua competenza come manager di strutture ricettive,: savoir faire e talento che lo hanno sempre sostenuto e portato a realizzare i propri sogni.