FLIC 2017 “A Domani” Danza

 

Al FLIC, Festival Lanciano in Contemporanea, è di scena l’arte: il bisogno di emozionarsi con la bellezza, la cultura e la conoscenza. Originali percorsi emotivi ed intellettuali curati dalla Coop. Il Pensiero che coinvolgono e dal Direttore Artistico Antonella Scampoli, sconvolgono e avvolgono lo spettatore, nell’antica cornice del Polo Museale. Molto apprezzato dal pubblico frentano “A Domani”, spettacolo di danza contemporanea di Nicolò Abbattista e Christian Consalvo della Compagnia Lost Movement che, al teatro Fenaroli, ha dato inizio a questa nuova stagione del FLIC, giunta alla IV edizione.

 

Lo spettacolo, coprodotto dal prestigioso Festival Oriente Occidente e Oplas Crd Umbria, ha visto come interpreti Susana Pieri, Samuele Arisci, Chiara Borghini, Eleonora Mongitore, Mattia Sala e Martina Zanardi. Ballerini giovanissimi che hanno dimostrato ottime capacità tecniche ed interpretative. Lost Movement con “A Domani”, ha creato una storia d’amore in danza tra una madre malata e suo figlio. Una malattia neurodegenerativa rara, conosciuta come morbo di Creutzfeldt- Jakob, che dà origine ad una forma di demenza progressiva fatale, tra i cui sintomi vengono riscontrati perdita di memoria, cambiamenti di personalità, allucinazioni, rigidità posturale e convulsioni. Sintomi resi molto bene sul palcoscenico da tutti gli artisti che hanno stabilito una immediata alleanza con il pubblico, suscitando una risposta empatica molto forte.

. Il linguaggio della danza ha saputo raccontare come una persona affetta da questo morbo si muove e si comporta nella quotidianità, partendo dalla propria dimensione domestica. Movimenti convulsi e repentini immobilismi esprimono la disarmonia del caos che stordisce, congela e rende estranei a se stessi e al proprio ambiente famigliare. Come schegge impazzite, gli artisti colpiscono lo spettatore dritto al cuore. La casa, rappresentata con una scenografia essenziale, non è più percepita dalla protagonista come un luogo protetto dove sentirsi rassicurata ma come un labirinto estraneo e confuso, che disorienta e spaventa.

Le mura sembrano pulsare al ritmo di allucinazioni, deliri e convulsioni. La lunga corda di panni bianchi stesi ad un sole che sembra spento, appare quasi uno spartiacque tra la vita che c’era prima e quella che è diventata al sopraggiungere della malattia. Una condizione dolorosa che scatena profondi vissuti emotivi sia nella madre che nel figlio, nonché nella relazione stessa. La paura di sentirsi perduti provoca massicci sistemi di difesa, primo tra tutti la negazione.

Sentimenti di rabbia e di impotenza, tendono a celare strati emotivi inconsci relativi alla colpa. La vergogna di svelare la malattia agli altri, temendo pena e commiserazione, nasce dalla percezione del male come una punizione. Il cammino dei protagonisti giunge al suo epilogo quando sopravviene in entrambi l’accettazione di uno stato di realtà che non si può cambiare. Madre e figlio rimangono vicini, rannicchiati sul pavimento della loro casa in una posizione fetale che sembra suggerire il desiderio di tornare ad una condizione prenatale, senza alcuna consapevolezza o dolore.

Irene Giancristofaro

foto:  Christian Consalvo regista dello spettacolo.

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