IL DIAVOLO DI TUFARA

A Tufara in provincia di Campobasso l’ultimo giorno di Carnevale si celebra una tradizione davvero particolare con protagonista sua maestà il Diavolo in persona!

Il Diavolo di Tufara è una maschera zoomorfa, come poche altre in Italia e all’estero.

Gemellata con i Mammutones della Sardegna e altre maschere simili, ogni anno partecipa a raduni su tutto il territorio nazionale.

Il Diavolo secondo la tradizione viene vestito con 7 pelli di capra, e rappresenta sostanzialmente lo spirito del Carnevale, che in questo rito, viene processato e infine condannato a morte (motivo per cui si celebra il martedì grasso).

Oggi è la festa più sentita a Tufara, ed è un vanto mettere i panni del Diavolo per i tufaroli Altri personaggi ruotano attorno alla figura centrale del Diavolo: “la Morte” (con il viso bianco e la falce), i “Folletti” (tutti vestiti di nero) che trattengono il Diavolo in catene.

Il Diavolo con i Folletti e la Morte che agitano campanacci, gira danzando in maniera singolare per tutto il borgo, fino ad arrivare sotto al Castello dove ha luogo il processo con la Giuria e il Padre e la Madre del Carnevale, nonostante tutti i tentativi della madre del Carnevale compresa la corruzione di un membro della Giuria, il figlio viene condannato a morte e un fantoccio viene ucciso e gettato tra le braccia del Diavolo che lo infilza col suo tridente. Muore, ma la Madre ha subito pronto un altro neonato (il prossimo Carnevale) che da’ speranza di continuità e che non tutto è perduto.

La storia e le Maschere della Tradizione

Nato in tempi remoti, in un mondo arcaico, in armonia con la natura, espressione di riti ancestrali rudi, misteriosi e magici “il Diavolo” antica maschera carnevalesca, si rivela, l’ultimo giorno di Carnevale a Tufara, tra folli corse e acrobazie temerarie. Tramandato nei secoli, espressione tipica della comunità, richiama cultori da tutto il mondo. La figura caprina, il tridente fra le mani, i movimenti accattivanti, suscitano timore e superstizione. Tutti vorrebbero evitarlo, ma ognuno in fondo al cuore spera di essere circondato dal suo seguito urlante. Da dove sbuca quest’essere insolito, misterioso? Dagli inferi, da un’antica casa abbandonata dove occulti riti lo riportano in vita per correre tra le vie del paese? Chi è? Quale mistero cela dietro la nera maschera? È forse figlio della dimenticata primavera, quando a gemma germoglio e fiore si tributava sangue perché crescessero più forti e abbandonati, o quando l’uomo per scrollarsi di dosso l’agghiaccio invernale, danzava e intuiva la natura al risveglio? O forse è l’inquisitore, l’ammonitore delle coscienze ribelli, dove il giogo è pesante e la libertà impellente? “Il Diavolo” forse è tutto questo o forse tutt’altro, ma a Tufara, lo si attende con ansia, per liberarsi con lui di un folleggiare breve e cruento, per dimenticare in un giorno quanto dura è la fatica di vivere. La maschera, è tra quelle che conservano le antiche caratteristiche da cui traggono origine, anche se il suo significato primitivo si è in parte perduto, essa rappresentava, un tempo, la passione e la morte di Dioniso, dio della vegetazione, le cui feste venivano celebrate in quasi tutte le realtà agresti. Infatti Dioniso, cosi come la vegetazione di cui era dio, moriva e si rinnovava perpetuamente.

maschera di Dioniso

Il Diavolo

Maschera zoomorfa, rappresentante del Dio in terra, era vestito con 7 pelli di capro, animale sotto le cui sembianze amava manifestarsi il Dio.
Si sa, però, che il sacro spesso non va d’accordo con il profano, cosi, con l’avvento del Cristianesimo, il rito pagano fu “declassato” a mera maschera carnevalesca, con l’aggiunta di figure ad essa spesso estranee.
Ed è sotto questa forma che noi lo conosciamo oggi.

La Morte

Il Diavolo è preceduto dalla MORTE, impersonata da figure vestite di bianco con il viso impasticciato di farina e che rappresentano la purificazione. Il simbolismo è chiaro: il seme muore per dar vita alla pianta, si purifica nel terreno per poi rinascere, a primavera, trasformandosi in raccolto. La morte è armato di falce, il cui roteare evoca i gesti metodici, ripetitivi e decisi dei contadini al momento del raccolto: il canto di questi ultimi è sostituito da urla, grida e salti delle maschere.

I folletti

Trattengono il Diavolo in catene e lo trascinano per le vie del paese: il Diavolo salta, si rotola, cade a terra e cerca di “sedurre” chi incontra per strada, perché entri a far parte dei suoi adepti.

La Giuria

La popolazione cercando di privarsi di tutti i peccati commessi durante l’anno punta il dito verso il Carnevale, rappresentato nella nostra tradizione da un pupazzo di paglia, assegnandogli tutte le colpe. Carnevale verrà processato da una giuria scanzonata con l’aiuto di un avvocato difensore corrotto. La giuria raccoglierà le voci della popolazione e le testimonianze dell’avvocato difensore, ma la decisione sarà sempre la stessa, CONDANNA A MORTE per Carnevale. Carnevale chiede come ultimo desiderio un piatto di spaghetti al pomodoro e un bicchiere di vino rosso. Carnevale viene ucciso e lanciato tra le braccia del Diavolo che lo aspetta con il tridente rivolto verso il celo per infilzarlo e lacerarlo definitivamente.

La Madre e il Padre di Carnevale

Nonostante i sacrifici per pagare il miglior avvocato, i pianti e le urla della Madre del Padre, il Carnevale muore. Non muore invece la speranza, poiché la MADRE – PARCA, con in mano il filo del destino, conocchia e fuso, ha già pronto un altro neonato – simulacro (il prossimo Carnevale), che darà continuità al rito.

U’ Pisciatur

Un’ultima figura, nonché meno importante, è quella de “U’ PISCIATUR” il quale rappresenta i vizi, l’allegria e il trionfo del caos del carnevale che finiranno con la morte dello stesso.

Si ringraziano:

Silvano Mastrolonardo per la segnalazione e il racconto e l’Associazione Culturale l’Antica Maschera Il Diavolo per le prezioese informazioni da cui è tratto questo articolo.

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