Ivana Colakovic, l’illustrazione di moda che passa dal cuore

Bentrovati amici di Robyan blog, oggi vi voglio introdurre in un mondo di cui non vi ho ancora parlato: l’illustrazione di moda!

Prima di introdurvi la talentuosissima Ivana Colakovic, vi farò una breve sintesi sulla storia dell’illustrazione di moda.

Sin dalle tavole gotiche di Pisanello, il disegno è stato per secoli il primo “fotografo” delle tendenze moda. Artisti di ogni epoca si sono dedicati a studi di panneggio, pizzi, merletti e abiti dalle fogge più complesse e stravaganti, tracciando così la storia del costume, tuttavia studi ancora legati alle opere artistiche. Le prime illustrazioni di moda ariveranno con i primi Trattati sul costume del ‘600 (le acqueforti di Hollar). I primi giornali di moda nasceranno invece a metà ‘700: i Cahiers de la mode a larga diffusione, serviranno ad informare le dame delle varie corti europee sulle ultime novità della moda. Naturalmente gli illustratori non saranno ancora considerati propriamente artisti, anche se stile e tecniche provengono dal mondo della pittura. La promozione ad arte di serie “A”, arriverà alla fine dello ‘800 con la nascita delle riviste di moda Harper’s Bazaar e Vogue, in cui l’illustrazione di moda diventerà parte integrante dell’intero progetto editoriale. Charles Dana Gibson, spopolerà con la sua Gibson Girl alta e snella, che le lettrici cercheranno (inutilmente) di imitare, dando vita così all’idealizzazione della figura umana.A lui faranno seguito tantissimi altri da Erté, Bakst, Lepape, fino a Renè Gruau che si prenderà la briga di diventare il più grande illustratore di Dior, dopo di lui Antonio Lopez per Valentino e tanti altri.

Welcome friends of Robyan blog, today I want to introduce you to a world of which I have not yet spoken to you: the fashion illustration! Before to introduce you the talented Ivana Colakovic, I will give you a short summary of the history of fashion illustration. Since the gothic tables of Pisanello, drawing has been for centuries the first “photographer” of fashion trends.  Artists of all ages have dedicated themselves to drapery studies,  ribbons, lace and dresses with the most complex and extravagant styles, tracing the costume’s history, but still related to the artistic works. The first fashion illustrations will come with the first Treaties on the costume of the ‘600 (the etchings of Hollar). The first fashion magazines will be born in the middle of the 18th century: the Cahiers de la mode will be widely used to inform the ladies of the various European courts on the latest fashion news. Naturally, the illustrators will not yet be properly considered artists, even if style and techniques come from the world of painting. The “A” series art promotion will arrive at the end of the 19th century with the birth of the fashion magazines Harper’s Bazaar and Vogue, where fashion illustration will become an integral part of the entire publishing project. Charles Dana Gibson, will be famous with his tall and slim Gibson Girl, which the female readers will try (in vain) to imitate, this will be the first idealization of the human figure. He will be followed by many others by Erté, Bakst, Lepape, up to René Gruau who will take the trouble to become the greatest illustrator of Dior, after him Antonio Lopez for Valentino and many others.

Illustrazione di Renè Gruau

Naturalmente la mia è una super – sintesi perché voglio parlarvi di Ivana Colakovic.

Ho chiesto ad Ivana di raccontarmi un po’ la sua storia e le ho posto alcune domande per conoscerla meglio: sin da quando era bambina le piaceva disegnare, passando ore e ore a guardare le riviste di moda della mamma, non immaginando minimamente che quello sarebbe stato poi il suo mondo. Passa il tempo e da sempre appassionata di cultura s’iscrive a Sociologia, però presto, si rende conto che non è quella la sua strada e decide così di iscriversi ad un corso di laurea in Graphic Design, lavora per un po’ come grafica, ma nonappena vede un rivista con delle illustrazioni, le tornano in mente i disegni che tanto la rendevano felice da bambina e così comincia la sua carriera di illustratrice di moda free lance.

Of course mine is a super – summary because I want to talk about Ivana Colacovic. I asked Ivana to tell me about her story andi made a little interview trough few questions to get to know her better: since she was a child she liked to draw, spending hours and hours watching her mother’s fashion magazines, not imagining in the least that then it was her world. Time passes and Ivana, always passionate about culture, statrted to study Sociology, but soon she realizes that his path is not the right one and she decides to take a degree  in Graphic Design, she works for a while as a graphic designer, but as soon as she sees a magazine with some illustrations, the drawings that make her happy when she was a child come back to her memory, so begins her career as a freelance fashion illustrator.

Ivana Colakovic

R) Ivana, nel Robyan Blog è la prima volta che si parla dell’illustrazione di moda: puoi spiegare cosa significa essere un illustratore di moda e come nasce la tua passione per la moda prima e per l’illustrazione di moda dopo?

 I) La Fashion illustrator è una persona che ha trasformato la sua passione per la bellezza e il design in un lusso visivo “fatto a mano”. Penso che la mia passione per la moda sia nata come quella di una qualsiasi altra ragazza quando vede sua madre vestire elegantemente per la prima volta. Onestamente penso che da quel momento in poi non ho più smesso  di appassionarmi  alla bellezza femminile che mi emoziona ancora.

R) Hi Ivana, for Robyan Blog is a new thing talk about fashion illustration: Please can you explain what mean to be a fashion illustrator and how is born your passion for fashion first and for fashion illustration after?

I) Fashion illustrator is a person who has transformed his passion for beauty and design into a handmade visual luxury. I think my passion for fashion was born the same way as with any other girl when she saw her mom in a glamorous appearance for the first time. I honestly think that from that moment on nothing has changed in my passion for feminine beauty, and it still moves me

Illustrazioni di Ivana Colakovic

 R) Sicuramente hai fonti di ispirazione: chi sono le tue muse ispiratrici?

I) Gli editoriali di moda e lo street style hanno avuto un impatto importante su di me. Le mie muse sono modelli angelici che possono essere visti nelle campagne di moda di Valentino e Chanel. Naturalmente ci sono anche illustratori di moda di talento sublime come Laura Laine, Nuno da Costa, Judith Van Den Hoek e molti altri.

R) Surely you have sources of inspiration: who are your inspiring muses?

I) Fashion editorials and street style have had a key impact on me. My muses are angelic models that can be seen on Valentino’s and Chanel’s fashion campaigns. Of course there are also sublime talented fashion illustrators such as Laura Laine, Nuno da Costa, Judith Van Den Hoek and many others.

 

Illustrazione di Ivana Colakovic

R) Per essere un buon illustratore di buona moda, pensi che sia anche necessario essere un fashion designer?

I) Credo sia un ambito in cui entrambe s’intrecciano. Devi avere un senso per un bel design mentre disegni, anche se penso che il disegno di moda sia una disciplina completamente separata. Ci sono tanti stili: alcuni illustratori con i disegni mostrano anche le loro idee di moda, mentre altri sono completamente astratti.

R) To be a good fashion illustrator do you think it must be also a fashion designer?

I) I feel I have found a place where two of them intertwine. You need to have a sense for nice design while you draw, but I still think fashion design is a completely separate discipline. There are infinitely many styles, some illustrators through drawings also show their design ideas, while others are completely abstract.

Illustrazione di Ivana Colakovic

R) Cos’è la bellezza e l’eleganza per te?

I) La bellezza è l’unica cosa che dà senso ai mali della vita. Si armonizza e si equilibra. È l’incarnazione di tutto ciò che Dio ha nell’uomo. Mostrare la bellezza di una donna attraverso le lenti della moda (come un fenomeno sociale che tratta la bellezza in modo completamente esclusivo) è un approccio molto appassionante. Per quanto riguarda l’eleganza, citerò la signora Coco: Less is more.

R) What is the beauty and the elegance for you?

I) Beauty is the only thing that gives meaning to the mischief of life. It harmonizes and balances. It is the embodiment of everything God-like in man. Showing the beauty of a woman through lenses of fashion (as a social phenomenon that treats beauty in a completely exclusive way) is a very exciting approach. As for the elegance I will quote Mrs. Coco: Less is more.

Lllustrazione di Ivana Colakovic

R) Cosa consiglieresti a chi volesse intraprendere la carriera di illustratore di moda?

I) Consiglierei loro di sperimentare e provare tutti i tipi di media per raggiungere uno stile personale. Viviamo in un’epoca in cui l’arte è molto accessibile, sia nel bene che nel male, quindi abbiamo solo bisogno di rilassarci e lavorare e tutto andrà a posto. Vorrei anche consigliare loro di non imitare altri stili per quanto siano fantastici: dovrebbero seguire i propri moti interiori che sicuramente porteranno verso la giusta direzione.

R) What would you recommend to those who want to pursue a career as a fashion illustrator?

I) I would recommend to them to experiment and try all kinds of media until they discover their unique style. We live in a time when art is very accessible, both good and bad, so we just need to relax and work and everything will come into place. I would also advise them not to compare with another style no matter how fantastic it is, they should follow their own internal impulses that will surely lead them to the right place.

Illustrazione di Ivana Colakovic

R) Progetti futuri?

I) Non sto pianificando nulla, sono solo dedita al lavoro e i progetti tendono a venire da me, c’è sempre una sfida che appassiona tipica del lavorare come libero professionista. Credo che non cambierò mai modo di lavorare, perché alla fine della giornata la cosa più importante è aver seguito il tuo cuore.

R) Future projects?

I) I’m not planning anything I’m just devoted to work and projects tend to come to me and there is always a challenge and excitement which is part of the beauty of working as a freelancer. I think I would never change that because still at the end of the day it is most important to follow your heart.

Roberta Fiano

 

 

GRANDE DISTRIBUZIONE CROCE E DELIIZIA: la delocalizzazione ha creato mostri nel tessile/abbigliamento

Buongiorno cari lettori di Robyan Blog, oggi voglio scrivere di un argomento tecnico/creativo che mi sta molto a cuore da fashion designer: la delocalizzazione e la perdita di valore aggiunto e credibilità del Made in Italy.

L’argomento è un po’ lungo perciò l’ho diviso in tre parti.

Parte I – Com’è cambiata la grande distribuzione dagli anni ’80 ad oggi

 

Quando ero una giovane aspirante stilista, la moda pronta era agli albori, vi era ancora una distinzione netta tra alta moda e prêt-à-porter, c’era la lira e la nostra capacità d’acquisto era superiore a oggi (grazie alla lira).

Il Made in Italy regnava sovrano in tutto il mondo e surclassava persino il nostro competitor storico, la Francia.

Quando si andava nei negozi ad acquistare capi d’abbigliamento, potevi trovare facilmente cose ben fatte e originali (allora la moda la facevano ancora gli stilisti e non i fashion blogger o i cool hunters), una camicia che pagavi 50.000 lire (25 euro) oltre ad avere un tessuto di buona qualità, aveva un ottimo taglio e una 44/46 era una M (non una L) e anche chi portava la 50/52 (XL non XXL) poteva trovare cose carine e di buon rapporto qualità/prezzo.

Verso la fine degli anni ’80 nasceva la moda pronta, cambiando le regole del gioco:

quella camicia così bella di quella tale ditta che costava 50.000 lire, potevi pagarla la metà se acquistavi un capo di pronto moda (che imitava le aziende medio/alte nello stile, usando però tessuti meno pregiati e, grazie alla produzione continua, la moda ufficiale veniva “clonata” in tempo reale, a volte anche prima delle sfilate: lo spionaggio industriale cannibalizzava ogni brand).

Il Made in Italy, pur subendo questa “nouvelle vague” del pronto/moda, continuava ad avere la sua valenza e prestigio, semmai aumentato dalla moda pronta fatta in Italia che, per gusto, stile e manifattura offriva al consumatore una vestibilità buona rispetto al prezzo ridotto.

Sfilata anni ’80…strane assonanze con le sfilate attuali: creatività ne abbiamo?

Verso la metà degli anni ’90 comincia la delocalizzazione della produzione nei paesi dell’Est Europa e in Asia: molte aziende fallivano e quelle che resistevano erano quelle che spostavano nei paesi in via di sviluppo la produzione. dove il costo della manodopera era (ed è) più basso.

Le imprese, pagando meno contributi per ogni dipendente assunto e acquistando i tessuti in loco (in Italia le tasse onerose che gravano sull’azienda per ogni lavoratore, non favoriscono nuove assunzioni), potevano far lavorare anche a ciclo continuo.

 

Parte II – Lo stato in cui versa il Made in Italy oggi

Attualmente abbiamo più ditte straniere che italiane nella grande distribuzione, nell’alta moda e nel prêt-à-porter.

Molti grandi marchi Made in Italy hanno venduto agli stranieri, che continuano a produrre merda (vedi certe sfilate oggi e poi muori), usando il brand che ha una storia di stile e qualità.

Ebbene ultimamente ho girato alcuni grandi centri commerciali della mia zona che vendono sia firme medio/alte che medio/basse.

Faccio una premessa:

oggi la 44 – M non è più la stessa, ma una 42 tirata (il tessuto costa, riduci la taglia e risparmi).

Bene (anzi, male), questo nuovo “sviluppo taglie globalizzato” – che produce capi uguali per tutte, senza considerare che una donna tedesca è sostanzialmente diversa da una donna giapponese, per colori e tipologia fisica, crea spesso problemi di vestibilità anche per chi ha un fisico regolare.

Altra grande trovata è l’aver sostituito gli stilisti con i fashion bloggers (quelli/e che amano fare shopping e si reputano arbiter elegantiarum) e i cool hunters (cacciatori di tendenza: gente che gira il mondo a fotografare le persone e le vetrine per capire cosa si porta e piace), due categorie che hanno ridotto la creatività ai minimi storici.

Da notare il totale appiattimento di idee dal 1990 a oggi…

Quei pochi validi stilisti che ancora resistono si contano sulle dita di una mano, molti non hanno talento ma sono protetti dalla Lobby che spadroneggia nell’ambiente, non a caso sono tutti uomini, poche pochissime le stiliste donne…fatevi una domanda e datevi “la” risposta.

Rassegnate al piattume, andiamo a fare acquisti: io che sono una 44 vera trovo vestibili soltanto la 46/48 che equivale a una L , le mie amiche che sono più magre di me e portano la 40/42 di oggi (la 38/40 degli anni ’80/’90) faticano peggio di me a trovare abiti che le vestano bene: taglie sballate, giromanica improbabili e giacche con spalle strette da poveraccia che guai se ti muovi strappi tutto, una montagna di abbigliamento spazzatura che però paghi 50.000 lire che sono 25 euro e anche di più, del resto anche se vai verso le ditte più trendy e costose i problemi non cambiano.

Camicia acquistata nel 1992, poliestere 100% – made in Italy costo 15.000 lire. pronto moda
Camicia acquistata due settimane fa, non made in Itly, poliestere 100% , costo 30 euro (pari a 60.000 lire) marchio famoso straniero – identica in tutto alla precedente sia nel taglio che nel tessuto

Parte III – Conclusioni

 Una moda che sta vivendo di rendita dei decenni precedenti: siamo arrivati al riciclo dei primi anni ’90.

Voglio ricordare che dalla metà degli anni ’90 con l’avvento della globalizzazione e il depauperamento del Made in Italy, la ricerca si è bloccata e si è cominciato a copiare gli anni ’70…

1993. copertina di AMICA, comincia il riciclo anni ’70

(vedete che via dovete fare, avete esaurito le fonti)

Oggi la domanda che bisogna porsi dunque non è più: “cosa va di moda quest’anno?” ma “quale moda hanno riciclato per quest’anno?”

Primavera/Estate 1995
Primavera/Estate 2017

Provi a parlare con un politico e quello ti fa spallucce e ti dice: ”La globalizzazione è un fenomeno che non possiamo contrastare (poi corre a farsi un selfie con i suoi potenziali elettori o a rifarsi il trucco per la trasmissione TV dove passa più tempo che in Parlamento).

Voi mi direte che è facile criticare, ma tu cosa avresti fatto?

1) Avrei protetto i nostri marchi con politiche adeguate e più controlli per contrastare la vendita abusiva di merce falsa.

2) Preservare il prodotto italiano abbassando le tasse che le aziende devono pagare per assumere i dipendenti, così che possano rimanere e non partire o peggio, chiudere.

3) Le nostre aziende spesso sono piccole e medie imprese a gestione familiare, creare politiche efficaci che formino alla competitività e favoriscano queste realtà, il mercato aperto (alla merda) uccide.

I politicamente corretti direbbero che beh il libero mercato vale anche per le nostre aziende che vogliono comprare marchi europei…ERRORE!

per noi subentra la mens rea di Bruxelles: quando ci muoviamo noi per acquistare, se tentiamo di farlo nei paesi del Nord (compresa la Francia nostro competitor storico per la moda), son sassate nei denti… con buona pace dei nostri governanti.

 

Ciononostante il Made in Italy è ancora un brand che all’estero è sinonimo di

qualità e stile: ci stanno provando in tutti i modi a smantellare le nostre eccellenze…per ora reggiamo, ma fino a quando?

 

Giuseppe Mucè: l’eleganza, il fascino e il mistero di uno stile che si fa ricordare

Giuseppe Mucè: l’eleganza, il fascino e il mistero di uno stile che si fa ricordare.

 

Oggi vi parlo di un mio caro amico col quale ho conseguito il master in management della moda a Bari nel 1999.

Giuseppe Mucè classe 1973 dopo essersi pagato gli studi presso l’Isituto Callegari ,comincia s a lavorare come stilista free lance per molte case di moda del barese, tra cui la Nocese Manifatture azienda produttrice di camiceria per uomo Harry & Sons.

In seguito entra come stilista di alta moda sposa presso la Cotin Sposa di Bari dove lavorerà per ben tredici anni.

 

Chiacchierando. gli ho chiesto se fosse cambiato molto il mercato della moda dai suoi esordi a oggi:

 

” È cambiato molto (ed è stato inevitabile) dopo il boom degli anni ottanta e novanta, in cui tutto era ben definito e riconoscibile e un capo firmato era identificabile senza leggere l’etichetta.

Oggi si chiede ai designer di creare collezioni in pochissimo tempo con l’ausilio delle

nuove tecnologie permettendo alle grandi aziende di lavorare a ritmi serrati, ma anche alle piccole realtà di copiare, riducendo la qualità e omologando lo stile.

Credo che l’unico modo per resistere sia opporsi e puntare sull’originalità e qualità del prodotto.”

 

Dice ancora: “C’è una concorrenza spietata da parte di paesi che hanno esportato in Italia e resto del mondo prodotti a basso costo, per cui molte aziende nostrane hanno dovuto adeguarsi o chiudere. L’utente finale del resto, non ha più la liquidità necessaria e acquista al prezzo più conveniente.”

 

Tuttavia anche secondo Giuseppe la figura dello stilista resta determinante:

” Una casa di moda è lo stilista che la rappresenta: la sua figura è molto importante, insieme al modellista e al reparto sartoria.

Il designer deve essere una spugna, assorbire tutte le informazioni utili, coniugare stile e richieste del mercato e non c’è un’altra figura professionale che possa sostituirlo.

Alcune aziende però fanno a meno dello stilista grazie a internet, sfruttando il copia/incolla.”

 

Quindi cosa suggerire ai giovani che intendono intraprendere questo percorso professionale?

 

“Ai giovani consiglio di prendere questo mestiere con serietà, restando con i piedi per terra. La Moda da tanto e pretende tanto, un minimo errore e sei out.

Non sentirsi mai arrivati e saper ascoltare, concentrando le proprie energie sul prodotto finito che è l’unico obiettivo.”

Domanda di prassi è chiedere a Giuseppe cosa sia per lui l’eleganza e come dovrebbe essere la sua donna ideale:

“L’eleganza è seduzione, fascino, mistero, non si compra ed è innata: la sola bellezza che non sfiorisce mai.

La mia donna ideale non si preoccupa di apparire, ma di star bene con se stessa: ama la semplicità,

i piccoli dettagli.

L’importante non è farsi notare, ma farsi ricordare, ciò vale anche per l’abito da sposa che va scelto secondo il proprio fisico e stile, senza orpelli. Negli anni ho visto tante ragazze entrare in atelier con le foto del loro abito ideale che poi indossato si dimostrava inadatto, consigliandole le ho aiutate a trovare l’abito giusto ed è stato emozionante vederle andar via contente e con gli occhi lucidi.”

 

Giunti al termine ho chiesto a Giuseppe cosa si aspettasse dal futuro:

 

“…. bella domanda,

spero che ritornino gli anni ottanta e novanta, per la situazione economica e lavorativa, quando l’Italia era all’apice del gusto e dell’eleganza riconosciuta in tutto il mondo.”

 

Roberta Fiano

Umberto Maria di Giuseppe, eclettismo e passione come stile di vita.

Umberto Maria di Giuseppe, eclettismo e passione come stile di vita.

Anni fa incontrai due miei cari amici che sognavano di diventare stilisti e sapendo del loro talento, quella sera li incoraggiai a tentare: uno di loro è Umberto Maria di Giuseppe.

Oggi vive a Milano e da anni e si divide tra l’Europa e l’Asia collaborando per marchi internazionali di Pret à Porter uomo e donna.

 

Ricordando i vecchi tempi ho chiesto:

 

Quando è nata in te la passione per la moda?

 

Sono cresciuto in una famiglia in cui avere stile è sempre stato importante, per questo ho imparato presto a riconoscere un accessorio raffinato e un abbinamento studiato: negli anni 80′ ho seguito con grande interesse il boom della moda italiana e internazionale.

 

Gianni Versace è stato lo stilista che ha stimolato la mia inventiva più di ogni altro, segnando una svolta nel mio percorso creativo.

 

Tuttavia per me era un mondo irraggiungibile che un ragazzino di provincia guardava da lontano.

 

L’idea di farne parte era un sogno, ma un incontro “casuale” mi suggerì di tentare: supportato dalla famiglia, con mia madre in prima linea, andai a studiare moda a Milano e da lì partì la mia avventura.

 

Hai lavorato tra Europa e Asia, raccontami la tua esperienza e quali sono le differenze.

 

Terminati gli studi ho fatto la gavetta: la prima esperienza mi ha portato a conoscere la creatività legata ad una forte organizzazione commerciale. La ricerca dei materiali e l’innovazione stilistica dovevano muoversi all’interno di una griglia di meccanismi ben precisi;

 

lavorare secondo uno schema, canalizza l’inventiva: creatività e innovazione non sono frenate ma valorizzate per ottenere il miglior risultato commerciale e di stile, ottimizzando gli sforzi.

 

Questo approccio lavorativo è diventato parte di me e mi ha guidato proficuamente nella carriera.

 

Come vedi il futuro per il Made in Italy?

 

Ritengo che l’eccellenza italiana sia ancora superiore, perciò questo bene inestimabile va preservato.

Purtroppo è poco protetto dallo Stato: altre nazioni supportano il proprio artigianato, in Italia invece i privati devono combattere da soli con grande sforzo e nemmeno l’utente finale ne è consapevole.

Se si vuole che il Made in Italy possa avere un futuro, Stato e aziende dovrebbero coalizzarsi per promuoverlo.

Da un po’ di anni a questa parte lo stilista  spesso è sostituito dal fashion blogger o dai cool hunter, cosa ne pensi e come vedi in prospettiva  la professione dello stilista?

 

E’ inevitabile che ci sia un’evoluzione dei meccanismi di ufficio stile:

gli imprenditori possono anche affidarsi a fantasiosi cool hunters o bloggers ma si tratta di fenomeni di passaggio.

 

La figura dello stilista di ricerca e sperimentazione emerge inevitabilmente

in quanto l’unica capace di fare innovazione, l’idea che da’ agli altri modo di parlarne, criticare, ispirarsi e attingere, in una parola “evolvere”.

Progetti per il futuro?

 

In un percorso di evoluzione, parallelamente alle mie collaborazioni, miro ad una collezione personale in cui applicare totalmente la mia esperienza, valorizzando l’artigianalità di un prodotto prezioso che sia espressione del vero lusso.

 

Cosa consiglieresti ai giovani che intendono intraprendere la carriera di fashion designers?

 

I passi tradizionali: iscriversi ad una buona scuola di moda per poi affiancarsi a qualche grande professionista per attingere al suo know -how, evitando di cercare scorciatoie nei social.

 

Il vero talento creativo deve trovare la sua piena realizzazione ed espressione in quanto tale.